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Verso una soluzione del problema cosmologico del litio

Verso una soluzione del problema cosmologico del litio

Se manca qualcosa che dovrebbe esserci, qual è la causa? ― È noto da decenni che esiste una discrepanza significativa tra l'abbondanza di litio teorica e quella osservata nell'universo primordiale; l'abbondanza primordiale del 7Li è infatti sovrastimata e/o sotto-osservata di un fattore 3 – 4. Tale incongruenza è chiamata “problema cosmologico del litio (CLP)”, sebbene la teoria standard del Big Bang sia nota come un modello molto “di successo”, in ottimo accordo con la maggior parte degli altri fatti osservativi.

I ricercatori della collaborazione Italo-Giapponese hanno ora trovato prove sperimentali che l'abbondanza teorica di 7Li dovrebbe essere corretta verso il basso di circa il 10%. Questa non è ancora una soluzione completa, ma un contributo necessario per gli ulteriori approcci teorici alla soluzione CLP con compiti leggermente meno impegnativi.

Il litio primigenio viene creato durante il periodo della nucleosintesi del Big Bang (BBN), così come l'idrogeno e l'elio, da un miscuglio di protoni e neutroni. La BBN è una complessa rete di reazioni nucleari e l'abbondanza di un nuclide dipende non solo dalla reazione diretta a produrlo, ma anche dalla reazione per distruggerlo e spesso da altre reazioni lungo connesse. Ad esempio, l'abbondanza di 7Li è principalmente dominata dai processi di produzione e distruzione di 7Be. Questi studi sono stati inseriti nel contesto dell’attività scientifica di ASFIN nel campo dello studio della nucleosintesi primordiale, risultati poi discussi in vari articoli  negli ultimi anni.

Seiya Hayakawa del Center for Nuclear Study dell'Università di Tokyo in collaborazione con il gruppo ASFIN dell’INFN – LNS, la Sungkyunkwan University e altre istituzioni conduce un progetto sperimentale che mira a misurare le reazioni nucleari responsabili della riduzione del 7Be nella BBN. Recentemente, ci sono stati diversi tentativi di misurare queste reazioni 7Be(n, p)7Li e 7Be(n, α)4He anche da parte di altri gruppi di ricerca, ma i dati nella regione energetica rilevante per la BBN risultano essere ancora piuttosto scarsi.

Queste reazioni sono molto difficili da investigare direttamente poiché sia il 7Be che il neutrone sono instabili. Il gruppo di ricerca ha proposto di utilizzare il deutone come bersaglio invece di un neutrone nudo e un fascio 7Be prodotto dal CRIB (Center-for-Nuclear-Study Radioactive Ion Beam separator, https://www.cns.su-tokyo.ac.jp/crib/crib-new/home-en/index.html). Si tratta di una tecnica unica nota come metodo del cavallo di Troia, sviluppata dal gruppo di astrofisica nucleare dell'INFN – LNS. Con questo metodo, il deutone è come il cavallo di Troia nel mito greco, ed il neutrone è il soldato che si insinua nell'inespugnabile città di Troia, cioè le reazioni di interesse, 7Be(n, p)7Li e 7Be(n, α)4He. Il risultato sperimentale mostra per la prima volta un contributo significativo della transizione al primo stato eccitato di 7Li, che offre un'ulteriore riduzione del 7Be durante la BBN e infine una minore abbondanza di 7Li di circa il 10%.

7ben setup

Setup sperimentale e illustrazione concettuale del Metodo del Cavallo di Troia

 

Link all'articolo: https://iopscience.iop.org/article/10.3847/2041-8213/ac061f

Press release dell'Università di Tokyo (in giapponese): https://www.s.u-tokyo.ac.jp/ja/info/7456/

Press release dell'Università di Tokyo (in inglese): https://www.u-tokyo.ac.jp/focus/en/press/z0508_00184.html

 

Per maggiori dettagli:

Seiya Hayakawa
Center for Nuclear Study, The University of Tokyo
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Marco La Cognata
INFN – LNS
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Una nuova analisi di reazioni nucleari solleva interrogativi sull’evoluzione delle stelle più antiche

Una nuova analisi di reazioni nucleari solleva interrogativi sull’evoluzione delle stelle più antiche

Le stelle più antiche, che risalgono a più di 13 miliardi di anni fa, mostrano delle abbondanze di calcio sorprendentemente elevate. Tra i vari modelli suggeriti dagli astrofisici per spiegare questo curioso comportamento, uno dei più accreditati si basa sul fatto che queste vecchie stelle siano state originate dal materiale proveniente da una generazione di stelle massicce primigenie formatesi poco dopo il big bang. Queste stelle primigenie avrebbero terminato la loro esistenza in un processo di “debole supernova” (faint-supernova), ed avrebbero prodotto elementi fino a popolare la regione del calcio. Affinché questo possa accadere, le stelle primigenie avrebbero dovuto bruciare l'idrogeno in calcio attraverso una serie di cosiddette reazioni di breakout.
Tra tutte queste reazioni, quelle che coinvolgono un protone ed un nucleo di fluoro-19 si trovano ad uno snodo critico nel cammino verso la produzione di calcio: se la reazione porta all’emissione di un raggio gamma e di un nucleo di neon-20, il processo di nucleosintesi va avanti, mentre se essa porta alla produzione di una particella alfa ed un nucleo di ossigeno-16, il processo fa un passo indietro.
Visto il ruolo particolarmente delicato di queste reazioni nucleari, un gruppo di ricercatori statunitensi, canadesi ed italiani, ha raccolto ed analizzato, tramite raffinati modelli quantistici di reazioni nucleari, i dati sperimentali che sono andati accumulandosi in letteratura da oltre settant’anni sulle collisioni tra protoni e nuclei di fluoro-19. In questo modo sono state ricavate nuove stime sui tassi di queste reazioni nucleari nelle stelle e sulle loro incertezze, che sono state adoperate all’interno di complessi calcoli di nucleosintesi stellare. L’abbondanza di calcio così ottenuta è ben più bassa rispetto a quanto osservato sperimentalmente, malgrado le notevoli incertezze dovute alla difficoltà di conoscere la struttura nucleare di alcuni stati del neon-20. Questa nuova tensione tra le previsioni teoriche e le osservazioni sperimentali sul calcio nelle stelle più antiche pone dei dubbi sulla consistenza dei processi di debole supernova e richiama l’attenzione sulla necessità di ottenere nuovi dati sulle reazioni nucleari p+19F a bassa energia.
Per l’impatto dei risultati ottenuti su uno degli scenari astrofisici oggigiorno più dibattuti, il lavoro è stato segnalato come Editors’ Suggestions della rivista Physical Review C ed è stato oggetto di una sinossi sul prestigioso magazine Physics della American Physical Society.
A questo lavoro di ricerca ha contribuito, dal lato italiano, il Dr. Ivano Lombardo, ricercatore della Sezione INFN di Catania, che negli anni passati ha realizzato varie misure di basse energie ai Laboratori Nazionali di Legnaro dell’INFN e all’acceleratore Tandem di Napoli sui canali delle reazioni nucleari p+19F in cui vengono emessi una particella alfa ed un nucleo di ossigeno-16.
Per ulteriori informazioni sull’argomento della ricerca, si rimanda all’articolo originale:
R. J. deBoer, O. Clarkson, A. J. Couture, J. Görres, F. Herwig, I. Lombardo, P. Scholz and M. Wiescher, 19F(p, γ)20Ne and 19F(p,α)16O reaction rates and their effect on calcium production in Population III stars from hot CNO breakout, PHYSICAL REVIEW C 103, 055815 (2021)
ed alla sinossi su Physics:
M. Schirber, Uncertainty over First Stars, May 26, 2021 • Physics 14, s66

lombardo

 

 

 

 

L’esperimento CLAS fa luce sulla struttura interna dei protoni

L’esperimento CLAS fa luce sulla struttura interna dei protoni

In un esperimento effettuato col rivelatore CLAS al Jefferson Lab (USA), usando come sonda un fascio di elettroni polarizzati e accelerati a energie intermedie (dell’ordine della massa del protone), è stato possibile misurare delle proprietà globali di protoni polarizzati in un forte campo magnetico. La misura consente di verificare le teorie efficaci derivate dalla cromodinamica quantistica (QCD), la teoria che descrive la forza fondamentale forte. Ciò consente quindi di migliorare la comprensione della struttura interna e delle proprietà globali dei nucleoni, cioè dei protoni e dei neutroni che compongono i nuclei atomici, descrivendo le dinamiche tra i loro costituenti (quark), e i mediatori della forza forte (gluoni). I risultati dell’esperimento, che ha visto un decisivo contributo dell’INFN e alcuni italiani tra i portavoce, sono stati pubblicati su Nature Physics. Nuove misure sono ora in corso con il nuovo apparato CLAS12 (foto), e nei prossimi anni completeranno il quadro, fornendo maggiori dettagli sulle complesse interazioni tra quark e gluoni e su come queste influenzino lo spin dei nucleoni.

Hall B 1 

 

 

 

 

 

 

Alla caccia del meccanismo di generazione di momento angolare nella fissione nucleare

Alla caccia del meccanismo di generazione di momento angolare nella fissione nucleare

La collaborazione NU-BALL fa luce su uno dei misteri decennali della fisica nucleare

La fissione nucleare è il meccanismo per cui un nucleo pesante di spacca in due frammenti e rilascia energia. Tale fenomeno, scoperto alla fine degli anni ’30 del secolo scorso dai chimici Otto Hahn e Fritz Strassmann e dai fisici Lise Meitner e Otto Frisch, offre ancora aspetti affascinanti e misteriosi da scoprire. A seguito del processo di fissione, i due frammenti emergono in rotazione e questa osservazione è considerata da decenni uno dei misteri più importanti della fisica nucleare: è infatti estremamente difficile comprendere la generazione di 6-7 unità di momento (o spin) per ciascun frammento, a partire da sistemi praticamente a spin zero.

In una serie di esperimenti condotti presso il laboratorio Irène-Joliot-Curie di Orsay (Francia), è stato ora sorprendentemente osservato che i frammenti di fissione acquistano momento angolare solo dopo la fissione e non prima, contrariamente a quanto ipotizzato dalla maggior parte degli approcci teorici. Tale scoperta è stata ottenuta dalla collaborazione internazionale di fisica nucleare NU-BALL che ha misurato, con alta precisione, la radiazione gamma emessa dalla fissione indotta da neutroni veloci su isotopi di uranio 238U e torio 232Tn, in una campagna sperimentale durata 7 settimane.

Queste inaspettate osservazioni sulla generazione del momento angolare nella fissione nucleare sono di importanza fondamentale per una approfondita comprensione del processo di fissione, con ricadute importanti anche in altre aree di ricerca, come ad esempio lo studio degli isotopi ricchi di neutroni, la sintesi e stabilità degli elementi super-pesanti e, in campo applicativo, il riscaldamento dei reattori nucleari a causa della radiazione gamma.

I risultati della misura di NU-BALL sono stati pubblicati sulla rivista Nature il 25/02/2021, https://doi.org/10.1038/s41586-021-03304-w

La collaborazione NU-BALL ha utilizzato uno spettrometro gamma ad alta granularità, composto da più di 100 rivelatori al germanio iperpuro, appartenenti al network europeo GAMMAPOOL (http://gammapool.lnl.infn.it). La collaborazione include ricercatori da 37 istituzioni e 16 paesi, tra cui fisici nucleari dell’Università di Milano e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (esperimento GAMMA, Commissione Scientifica Nazionale 3) che hanno contribuito attivamente alla messa a punto dei rivelatori, all’analisi dati e alla interpretazione teorica dei risultati ottenuti e ora pubblicati su Nature.

Per maggiori informazioni

Prof.ssa Silvia Leoni, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

NU BALL

 

 

 

 

 

 

 

 

Al via l’installazione di AGATA ai Laboratori Nazionali di Legnaro

Al via l’installazione di AGATA ai Laboratori Nazionali di Legnaro

AGATA è uno spettrometro per raggi gamma frutto di una collaborazione europea, costituito da cristalli di germanio iper puro segmentati. Si tratta del più sofisticato rivelatore per raggi gamma, completamente innovativo perché permette di tracciare il percorso del singolo fotone dentro il cristallo di germanio con una risoluzione di qualche millimetro. Questo consente di aumentare notevolmente l'efficienza di rivelazione dello spettrometro AGATA e di individuare con alta precisione la direzione del fotone incidente sul rivelatore. L’elevata precisione posizionale si ottiene grazie all’analisi della forma dei segnali elettronici prodotti dai raggi gamma.
Grazie a queste caratteristiche senza precedenti, il rivelatore AGATA è un vero e proprio “occhio” capace di guardare all'interno dei nuclei atomici prodotti nelle collisioni fra ioni accelerati, il tipo di esperimenti che si effettueranno presso i Laboratori Nazionali di Legnaro (LNL) a partire dal 2022. Con queste misure si potranno studiare in dettaglio le proprietà degli stati eccitati dei nuclei atomici, aiutandoci così a comprendere la struttura del nucleo e le forze che in esso legano protoni e neutroni, costituendo il mondo attorno a noi. Non solo: gli esperimenti con AGATA ci permetteranno anche di capire come avviene la nucleosintesi degli elementi nei processi stellari, come per esempio le collisioni di stelle di neutroni.
L'arrivo di AGATA a LNL si sposa quindi perfettamente con l'entrata in funzione a LNL, nei prossimi anni, del nuovo sistema di acceleratori SPES che consentirà di studiare reazioni nucleari usando fasci di nuclei esotici, cioè instabili, avvicinandoci quindi sempre più a quello che succede nell'universo nei siti astronomici in cui vengono generati gli elementi che costituiscono il nostro mondo.
La comunità scientifica italiana, rappresentata dal personale dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), è uno dei pilastri portanti di questo progetto europeo di frontiera per la spettroscopia gamma e, non a caso, una fase importante dello sviluppo e dell' utilizzo di AGATA si svolgerà in Italia nei prossimi anni.

agata installation

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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