L’Osservatorio Pierre Auger è il più grande osservatorio al mondo per lo studio dei raggi cosmici di altissima energia (E>1018 eV). È situato nella pampa argentina a 1400 m sul livello del mare e copre un’area di 3000 km2, corrispondente alla superficie della Valle d’Aosta.
L’Osservatorio è costituito da due rivelatori principali, il rivelatore di superficie (SD) e il rivelatore di fluorescenza (FD). Questi sono ottimizzati per studiare gli Sciami Atmosferici Estesi (EAS), cioè l’insieme di particelle, dette raggi cosmici secondari, prodotte dall’urto dei raggi cosmici primari con i nuclei dell’atmosfera terrestre e schematizzati nella Fig.1.
Fig.1: Schematizzazione dello sviluppo di uno sciame atmosferico esteso.
In particolare, il rivelatore di fluorescenza permette di ricostruire il profilo longitudinale dello sciame, cioè il numero di particelle in funzione della profondità di atmosfera attraversata lungo la direzione, detta asse dello sciame, che avrebbe seguito il raggio cosmico primario se non si fosse disintegrato in atmosfera, mentre il rivelatore di superficie ci dà informazioni sul profilo trasversale dello sciame, cioè sulla distribuzione a terra delle particelle secondarie. Il punto di intersezione dell’asse dello sciame con il suolo è chiamato core, il numero di particelle dello sciame è maggiore vicino al core e diminuisce man mano che ci si allontana da esso. Il rivelatore di superficie è costituito da 1600 rivelatori Cherenkov ad acqua disposti a 1.5 km di distanza l’uno dall’altro, rappresentati sulla mappa di Fig.2 da puntini neri.
Il rivelatore di fluorescenza è suddiviso in 4 siti disposti lungo il perimetro del rivelatore di superficie. In ciascun sito abbiamo sei telescopi di fluorescenza il cui campo di vista, cioè la porzione di cielo dove sono capaci di rivelare la “luce” generata dallo sciame, è rappresentato dalle linee blu sulla mappa. Le particelle dello sciame, infatti, attraversando l’atmosfera, eccitano le molecole di azoto e ossigeno di cui l’atmosfera è costituita. Queste tendono a tornare nel loro stato fondamentale, cioè nel loro stato di energia minima, e, così facendo, emettono luce di fluorescenza. Immaginate un atomo con le varie orbite che ruotano intorno al nucleo corrispondenti a diversi livelli energetici. Se un elettrone guadagna energia, salta su un’orbita più lontana dal nucleo, ma poi tende a tornare nell’orbita di partenza. La differenza di energia tra le due orbite viene rilasciata sotto forma di fotoni, quindi di luce.
Fig.2: Mappa dell’Osservatorio Pierre Auger, i puntini neri rappresentano i rivelatori Cherenkov ad acqua, mentre le linee blu rappresentano i campi di vista dei telescopi di fluorescenza. Ref. Pierre Auger Observatory www.auger.org
La luce di fluorescenza raggiunge la finestra di ingresso del telescopio, attraversando anche un filtro che seleziona le lunghezze d’onda tra i 300 e i 400 nm tipiche della luce di fluorescenza, viene raccolta da uno specchio, come mostrato nell’immagine di Fig.3, e quindi convogliata su una matrice di fotomoltiplicatori (PMT). Questi ultimi sono degli strumenti che raccolgono la luce e la trasformano in un segnale elettrico proporzionale alla quantità di luce raccolta.
Fig.3: Schema di un telescopio di fluorescenza (finestra di ingresso + specchi + matrice di fotomoltiplicatori)
In Fig.4 è schematizzata la matrice di fotomoltiplicatori, la camera del telescopio. Il funzionamento della camera è simile a quello di una fotocamera digitale dotata di una sensibilità estrema: ogni pixel della camera del telescopio è infatti formato da un fotomoltiplicatore capace di “vedere” anche un solo fotone alla volta. Ogni pixel colorato rappresenta un fotomoltiplicatore raggiunto dalla luce di fluorescenza prodotta dallo sciame. La sequenza di pixel accesi indica la traccia dello sciame. In base al tempo di arrivo del segnale in ciascun PMT e alla sua intensità, è possibile ricostruire il profilo longitudinale dello sciame, mostrato in Fig.5. Il profilo longitudinale è il numero di particelle dello sciame in funzione della profondità atmosferica (Fig.1), cioè la distanza percorsa dallo sciame in atmosfera lungo il suo asse a partire dal punto di prima interazione del raggio cosmico primario in atmosfera. La profondità atmosferica non ha le dimensioni di una lunghezza come ci aspetteremmo perché lo spazio percorso è moltiplicato per la densità del tratto di atmosfera che stiamo considerando. Se il mezzo che attraversiamo è più o meno denso, cambia il numero di scontri che ci saranno tra le particelle dello sciame e quelle dell’atmosfera, quindi sarà diverso il numero di particelle prodotte di conseguenza anche lo sviluppo dello sciame.
Fig.4: Camera di uno dei telescopi di fluorescenza dell’Osservatorio Auger con la traccia di un raggio cosmico. Ref. Pierre Auger Observatory www.auger.org
Il numero di particelle di uno sciame cresce fino a quando le particelle secondarie hanno un’energia tale per innescare nuovi processi che producono particelle. Quando si scende al di sotto di questa energia, chiamata energia critica, le particelle vengono gradualmente assorbite dall’atmosfera e il numero di particelle diminuisce. La profondità atmosferica a cui si raggiunge il massimo sviluppo dello sciame, cioè il massimo numero di particelle, è comunemente chiamata Xmax. Questa grandezza dipende dal tipo di raggio cosmico primario che ha dato origine allo sciame, quindi se la misuriamo possiamo scoprire se, ad esempio, sia stato un protone o un nucleo di ferro ad innescare lo sciame.
Fig.5: Profilo longitudinale di uno sciame atmosferico esteso rivelato dall’osservatorio Pierre Auger con energia 1.4 1018 eV
Il numero di massa, cioè il numero di protoni e neutroni, di un atomo di ferro è 56. Per quanto riguarda lo sviluppo di uno sciame, protoni e neutroni si comportano allo stesso modo, quindi possiamo immaginare un nucleo di ferro come 56 protoni. Se abbiamo 56 particelle che si muovono insieme invece che una, la probabilità di scontro con i nuclei dell’atmosfera aumenterà, quindi verrà prodotto più velocemente un gran numero di particelle che si dividono l’energia della particella primaria e verrà raggiunta più velocemente l’energia critica e il massimo sviluppo dello sciame. Dalla ricostruzione del profilo longitudinale, possiamo ricavare anche l’energia della particella primaria che corrisponde all’area sotto la curva, quindi all’integrale, della funzione che descrive il profilo. Il numero di particelle di uno sciame è legato non solo al tipo di particella primaria, ma anche alla sua energia. Più grande è l’energia, più si raggiungerà in profondità il massimo sviluppo dello sciame. Il rivelatore di superficie, invece, è costituito da 1600 rivelatori Cherenkov ad acqua.
Ma cosa è un rivelatore Cherenkov? Quando una particella carica si muove all’interno di un mezzo con una velocità superiore a quella che ha la luce nell’attraversare quello stesso mezzo, essa emetta luce. Questo fenomeno si chiama effetto Cherenkov.
Ma quindi è possibile superare la velocità della luce? Nel vuoto no, ma quando la luce si muove all’interno di un mezzo (aria, acqua, vetro…) la sua velocità diminuisce di un fattore pari all’indice di rifrazione del mezzo, indicato con n: se chiamiamo c velocità della luce nel vuoto, (c= 300000 km/s), la velocità della luce nel mezzo è pari a c/n. L’indice di rifrazione nell’acqua è n=1.41, quindi, quando una particella del nostro sciame raggiunge una stazione dell’SD, rappresentata in Fig.6, produce un cono di luce Cherenkov se la sua velocità è maggiore di c/n. Questa luce viene riflessa dalle pareti del rivelatore e convogliata verso i tre PMT che guardano l’acqua dall’alto.
Fig.6: Rappresentazione di un rivelatore Cherenkov ad acqua che compone il rivelatore di superficie dell’Osservatorio Pierre Auger. La particella carica entra nell’acqua, produce un cono di luce Cherenkov: la luce viene riflessa dalle pareti del rivelatore e raccolta dai fotomoltiplicatori posti sulla superficie superiore.
I PMT ci restituiranno un segnale elettrico proporzionale al numero di particelle che hanno attraversato la stazione. Solo un certo numero di stazioni delle 1600 sarà raggiunto dalle particelle dello sciame. Più l’energia del primario è alta, maggiore sarà il numero delle stazioni “accese”. In Fig.7, è rappresentato l’arrivo di uno sciame sull’Osservatorio e l’impronta che lo sciame ha lasciato al suolo, data dalle stazioni che sono state colpite dalle particelle. In base ai tempi in cui le stazioni vengono raggiunte dello sciame, è possibile ricostruire l’asse dello sciame e la direzione d’arrivo del primario. Studiando il segnale rilasciato in ciascuna stazione in funzione della distanza dal core dello sciame, possiamo ricostruire il numero di particelle dello sciame che è proporzionale all’energia del primario.
Fig. 7: Rappresentato della rivelazione di uno sciame con i rivelatori di superficie e di fluorescenza. I puntini colorati sono l’impronta dello sciame creata dalle stazioni raggiunte dal segnale. La dimensione dei punti colorati è proporzionale al segnale misurato dalla stazione, il colore è legato al tempo di arrivo. Lo sciame ha raggiunto prima le stazioni gialle ed infine le rosse. Le linee colorate indicano la luce di fluorescenza prodotta dallo sciame e raccolta da uno dei telescopi. Ref. Pierre Auger Observatory www.auger.org
Il rivelatore di superficie e il rivelatore di fluorescenza ci permettono di studia e lo sciame da più punti di vista e di migliorare la qualità delle informazioni ricavate.
Guarda alcuni video sull’Osservatorio Pierre Auger.
E adesso se vuoi analizzare i dati raccolti dall’osservatorio Auger vai al link: