La luminositá (indicata con L) é un parametro molto importante di un collisionatore, in quanto essa lega la frequenza (o rate, R) con cui un processo fisico viene a verificarsi durante le collisioni alla sua sezione d’urto (σ); quest’ultima fornisce una misura di quanto tale processo sia probabile:
La luminositá é indipendente dal processo in esame, e dipende solo dai parametri di funzionamento del collisionatore. Essa, infatti, corrisponde al numero di particelle che si incontrano nelle zone di collisione per unitá di tempo e di superficie.
L = f * n * N1 * N2 / A
L’effetto Cherenkov consiste nell’emissione di luce da parte di una particella carica che si muove in un mezzo isolante (detto radiatore) ad una velocitá superiore alla velocitá della luce nel mezzo; questo effetto si realizza nel LUCID all’interno di tubi riflettenti che contengono un gas che funge da radiatore, e la luce prodotta all’interno di ogni tubo verrá riflessa fino ad un’estremitá dello stesso dove verrá rivelata tramite dei fotomoltiplicatori.
Il LUCID é costituito da due parti montate sulla linea di fascio a circa 17 m dal punto di interazione, ognuna delle quali contiene 20 tubi ad effetto Cherenkov lunghi 1.5 m che formano un cono avente come vertice l’IP. I tubi sono di alluminio e il loro interno é stato lavorato meccanicamente per migliorarne la riflettivitá. La scelta dell’alluminio é stata fatta per rendere il rilevatore resistente alle radiazioni e avere al tempo stesso una buona riflettivitá.
I tubi sono contenuti in un vessel di forma conica, riempito di gas C4F10 che, grazie al suo elevato indice di rifrazione, funziona come un buon radiatore Cherenkov. La pressione all’interno del vessel é di poco superiore a quella atmosferica.
Questa struttura del rivelatore, oltre a conferirgli una buona resistenza alla radioattivitá, permette di discriminare tra le particelle provenienti direttamente dall’IP (primarie) e quelle generate dall’interazione di queste con tutto ció che circonda l’IP (secondarie): le particelle primarie attraverseranno tutta la lunghezza dei tubi Cherenkov, emettendo una certa quantitá di luce, mentre le secondarie riusciranno ad attraversare solo una parte del rivelatore, producendo meno luce.
Dei 20 tubi installati in ogni braccio, 16 sono direttamente connessi a fotomoltiplicatori (PMT) che convertono la luce in un segnale elettrico, mentre i restanti quattro sono connessi a fasci di vibre ottiche che trasportano il segnale ad altri fotomoltiplicatori posizionati lontano dalla linea di fascio, dove il livello di radioattivitá é minore. Questi tubi servono a testare la futura configurazione del LUCID.
Il LUCID inoltre é dotato di un sistema di calibrazione costituito da fibre ottiche che fanno arrivare la luce prodotta da un LED all’imboccatura dei tubi. Analizzando la risposta dei fotomoltiplicatori, é possibile stabilire come essi reagiscono alla luce in quanto ogni PMT, anche se dello stesso modello, é lievemete differente dagli altri.
Ad ogni modo, il LUCID non é in grado di dare un misura assoluta della luminositá: per poter fare questo, il luminometro deve essere calibrato, e inizialmente ció verrá fatto utilizzando i parametri dei fasci di LHC. Il LUCID puó peró fornire una misura di luminositá relativa (ovvero determinare la variazione di luminositá), incrocio per incrocio, e in questo modo si puó capire per quali pacchetti si riscontrano valori anomali.
Questa capacitá di misurare l’incrocio dei pacchetti e la misura di luminositá relativa sono importanti per le misure di ATLAS, in quanto queste verranno fatte assumendo che per periodi di tempo abbastanza brevi (dell’ordine dei minuti) la luminositá di LHC possa essere considerata costante. I segnali provenienti dal LUCID vengono anche utilizzati per il trigger di ATLAS.
La necessitá di una risposta rapida (l’intervallo di tempo tra una collisione e la successiva é di 25 ns) e la resistenza alle radiazioni sono i motivi che hanno portato alla scelta di un rivelatore Cherenkov.
sito del gruppo di lavoro della Sezione INFN di Bologna
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